Gli asili nido ebbero un grosso impulso con la nascita dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia (ONMI), un’organizzazione avente finalità di sostegno alle madri lavoratrici di classe povera. Il compito dell’ONMI non è stato solo quello di aprire e gestire gli asili nido; l’ONMI è stato infatti il primo grande organismo parastatale con lo scopo di promuovere iniziative assistenziali e dare risposte “politiche” per la protezione e l’assistenza della maternità e dell’infanzia, sempre visti come binomio inscindibile.
I servizi per l’infanzia dell’ONMI sono stati ispirati dal principio di garantire prima di tutto la salute della donna, al fine di incoraggiarla ed educarla all’assunzione delle responsabilità materne. Questa concezione “premiale” permetteva di accedere ai servizi solo alle madri “meritevoli”, cioè quelle che, oltre ad essere ben disposte ad allattare, si sottomettevano docilmente al controllo dei propri comportamenti quotidiani e della propria moralità. Per quanto riguarda il bambino, dal momento che entrava nel nido, diventava quasi di esclusiva proprietà del nido stesso e della sua organizzazione funzionale.
La struttura edilizia dei nidi dell’ONMI prevedeva una rigida distribuzione degli spazi in tre ambienti: il dormitorio, con i lettini metallici ben allineati e ordinati; il refettorio, con i tavolini piccoli e bianchi; il salone per la ricreazione, un immenso spazio nel quale i bambini giocavano e correvano, ma senza la possibilità di organizzare attività educative nel vero senso della parola. L’attenzione degli “educatori”, obbligatoriamente rivolta alle diete e all’igiene del corpo, era figlia di un’epoca nella quale la prima infanzia non era pensata come bisognosa di una crescita armonica nella sua globalità, ma come uno stato di minorità (accomunata ad altre minorità) da accudire e custodire. La vasta gamma dei bisogni infantili (sviluppo psicomotorio, affettività, intelligenza, linguaggio) era limitata alle funzioni psicofisiologiche di base, per le quali non era prevista alcuna formazione specifica. L’effetto finale era quello di una gestione routinizzata e spersonalizzante dei bambini e delle bambine; una gestione diversa, più tollerante e rispettosa delle esigenze individuali, era affidata alla buona volontà e alla sensibilità dei singoli.
L’atto di fondazione dell’ONMI è datato al 10 dicembre 1925 quando venne costituito – per la prima volta nella storia italiana – un ente parastatale specificatamente finalizzato all’assistenza sociale della maternità e dell’infanzia.
Nel novembre del 1925, poco prima della sua fondazione, un disegno di legge stabilì che l’Onmi dovesse occuparsi di questioni attinenti all’infanzia, quali « la protezione e l’assistenza della maternità, la protezione dell’allattamento materno, l’igiene sociale della prima infanzia, la profilassi antitubercolare infantile, l’igiene scolastica, l’educazione fisica, la protezione igienica del fanciullo nel lavoro, la repressione degli abusi della patria potestà, la protezione sociale del fanciullo nella vita, la repressione degli abusi e dei delitti contro l’infanzia, l’educazione dei fanciulli anormali, l’assistenza e la protezione dei fanciulli materialmente o moralmente abbandonati, la prevenzione della mendicità, del vagabondaggio e della criminalità dei minorenni, la rieducazione dei fanciulli traviati, il trattamento delinquenti.» (Atti Parlamentari, Senato del Regno, Legisl. XXVII, Documenti, Disegni di legge e Relazioni, doc. N. 79.)
Per quanto riguarda la donna, l’attenzione avrebbe dovuto concentrarsi su «le funzioni della maternità: la gravidanza, il parto, il puerperio e l’allattamento […] e l’infanzia la quale non si limita al tempo dell’allattamento e al secondo anno di vita, come si crede da alcuni, ma distinta dai fisiologi, nei tre periodi, prima, seconda e terza infanzia, si estende negli anni successivi all’età prescolastica e scolastica sino alla pubertà conclamata nella quale dall’adolescenza si entra nella giovinezza.» (Atti Parlamentari, Senato del Regno, Legisl. XXVII, Documenti, Disegni di legge e Relazioni, doc. N. 79-A.)
Nonostante questa pletora di funzioni, che spaziavano da problematiche sociali a questioni propriamente mediche, l’Opera rivendicò per sé uno specifico profilo tecnico: il personale ONMI fu costituito da specialisti in pediatria (professione ufficializzata nel 1932), ostetricia (nel 1937 il termine ostetrica prende il posto di levatrice), otorinolaringoiatria, dermosifilopatia e, in seguito, neuropsichiatria infantile. Per formare il personale vennero resi obbligatori corsi per i laureati in medicina e per le levatrici, da tenersi presso istituti che disponessero dell’attrezzatura per esercitazioni pratiche: istituti di ricovero per lattanti, orfanotrofi, cliniche pediatriche e ostetriche.
Nel 1932 l’allora direttore ONMI Sileno Fabbri diede avvio alla costruzione di Case della Madre e del Bambino, strutture dedicate a interventi terapeutici e sanitari in favore della maternità e dell’infanzia. Nel 1940 erano attivi sul territorio nazionale 9.617 centri ONMI, di cui 167 Case della madre e del bambino, tra le quali quella di Lanciano.
L’ONMI promosse inoltre l’istituzione, a partire dal 1946, di CMPP (centri medico-psicopedagogici), per seguire ragazzi con gravi anomalie psichiche. Il programma teorico dell’ente veniva esposto sulle pagine della sua rivista ufficiale, Maternità e Infanzia, pubblicata dal novembre 1926 fino alla soppressione dell’ente. Tale bollettino mensile, diretto dal medico legale Attilio Lo Monaco-Aprile, si propose di diffondere una maggiore consapevolezza igienico-sanitaria tra la popolazione e di rendere pubblico l’operato dell’ente.
In breve, gli scopi principali dell’ente, più volte ribaditi sulle pagine di Maternità e Infanzia erano la protezione igienica della maternità, tramite la diffusione di norme igieniche scarsamente diffuse, e soprattutto tramite la medicalizzazione del parto, che si afferma negli anni 1930, la difesa morale e materiale di bambini e ragazzi fino alla maggiore età e l’educazione alla maternità.
Con la caduta del fascismo l’ente non viene sciolto ma anzi riorganizzato per poter far fronte alla situazione di emergenza del dopoguerra. Permanendo aggravati dalla guerra, i motivi strutturali che avevano portato nel 1925 alla creazione dell’Opera, venne ufficialmente soppresso solo il 31 dicembre 1975.